LEON-HOSPITAL DE ORBIGO
25/07/2002
La tattica.
Come in Formula 1, come nel ciclismo, anche il Camino ha la sua tattica, che ognuno si gestisce, chi in modo più elastico, chi estremamente rigido. L'obiettivo qui non è quello di arrivare primo, è quello di arrivare. E di arrivare vivendo il Camino nel modo migliore o comunque che più si confà alle proprie caratteristiche. Che uno cammini 20 o 40 chilometri al giorno, le "tattiche" variano. Chi, ed è il modo più usato, parte alle 5 ed arriva alle 12 senza più pensieri, con variabili sull'orario di partenza. Chi cammina 5 ore, 2 sta fermo, poi altre 5 ore. Chi parte verso le 6.30 e cammina fino alle 13/13.30 e dopo una pausa per il pasto riparte per altre tre ore, quella che normalmente utilizziamo noi. Dipende molto da se stessi (ed in tal senso ognuno è bene che cominci a prendere confidenza con se stesso ed il proprio fisico) oltre che dal caldo o dalla durezza e lunghezza della tappa che si vuole effettuare. Anche sui giorni necessari ci sono varie scuole di pensiero. Chi tira 4 o 5 giorni e per uno preferisce stare completamente fermo, chi tiene un ritmo costante, chi a piccoli passi procede giorno giorno. E qui, alle variabili già elencate, va aggiunta quella del tempo a propria disposizione. In tutti i casi però una caratteristica è comune ed incontestabile. I programmi della vigilia sono fatti per essere puntualmente smentiti, nel bene e nel male. Troppe sono le variabili per programmare il proprio Camino a tavolino.
Venendo alla giornata di oggi si apre in una piccola pasticceria di Leon dove uno spagnolo che aveva lavorato per tanti anni in Svizzera e che parla bene l'italiano ci offre alcune paste facendoci fare una ricca colazione. Leon, bella e monumentale, è impossibile per il pellegrino. Le frecce sono poche e poco visibili: ed è così facile perdersi nel ricco centro storico, anche se infondo, abbastanza piacevole. Uscirvi richiede almeno un'ora, anche se consente un bel giro turistico. Un'altra ora la si deve mettere in conto per lasciare la periferia lungo una strada pericolosa ed abbastanza noiosa. Presso l'Albergue delle Carmelitane, nel centro della città, incontriamo ancora una volta Loredana, che con un paio di salti in autobus ci è di nuovo vicino, con la sua fida amica tedesca. La piana della Meseta è già un ricordo: bene perché il panorama è meno monotona, male per chi deve fare dei chilometri. La situazione non è facile: Graziano ha un notevole male ai piedi, che non gli permette di accelerare più di tanto. Io arranco soprattutto nelle ripartente, ma "a piede caldo" non mi lamento. Il saliscendi continua imperterrito al fianco della Nazionale, su cui sfrecciano i bestioni della strada: che bel ricordo per noi i verdi boschi della Navarra. Saltiamo in maniera involontaria, perché non la notiamo, una visita alla chiesa della Virgen del Camino, il cui mantello è ritenuto miracoloso. Arriviamo a Villadangos del Paramo. Il 25 luglio, San Giacomo, oltre che festa per tutti i pellegrini e gli spagnoli, del quale è patrono nazionale, è festa per gli abitanti di questo tranquillo e pulito paese. Fa quasi impressione vedere la gente, di ogni genere, vestiti a festa e le famiglie, con gli anziani davanti ed i bambini con il fiocchetto per mano, che col volto sorridente si recano come un brulicante formicaio, alla Messa delle 13. Sfortuna per noi che oltre a tanti saluti ed informazioni, non riusciamo a trovare niente. Tutto è chiuso. Quando la speranza sembra perduta una panaderia ci offre la possibilità di acquistare il nostro pranzo, che sarà a base di dolcetti, l'unica cosa che fanno oggi. Facciamo di necessità virtù: viva Santiago. Riprendiamo il Camino malgrado il caldo. Solita musica con strada, facile ma non curata, parallela alla Nazionale. Da qui molti ci suonano e ci salutano. Anche questo è un modo di far festa e di incoraggiarci. Con qualche difficoltà per Graziano, ma prima del previsto, arriviamo a Hospital de Orbigo. Si presenta con un campanile coperto da nidi di cicogne e con un bel ponte romano, molto lungo, che unisce le due parti del paese. Dopo questo, e l'opportunità di un tuffo nella piscina comunale, ci si offrono due possibilità: l'albergo municipal, più tecnologico ma più freddo e quello parrocchiale, casereccio, costruito intorno al chiostro. La vince il cuore (3 Ä più 1,20 Ä per la colazione possibilità di cucinare, lavare e fare la doccia, peccato per i gusti musicali del gestore che ci propone una intera serata di opera). Qui troviamo un simpatico italiano di Gorizia, Paolo, 103 chili, che dopo due giorni di febbre a Leon è ripartito. Con lui nasce subito un rapporto molto franco e passiamo una serata piacevole. Arrivano anche Loredana e la tedesca (chissà come avranno fatto visto i loro ritmi??). Mi metto ai fornelli e sotto gli occhi di tutti preparo un'abbondante spaghettata ai peperoni. Tutti vogliono sentire e ci invidiano non poco. La cucina italiana è anche qui un mito. Un'austriaca, molto carina, non trova altro modo che ringraziarmi per il piatto di pasta che darmi un lungo bacio della buona notte. Più che l'onor potè il digiuno.